Buoni propositi per superare la crisi

articolo di stefano vannucci


 

Le prime settimane di marzo sono state caratterizzate da segnali positivi riguardo alla prospettiva di una riapertura del credito da parte del mondo bancario. L’ondata di ottimismo è stata spinta dalle azioni della Banca Centrale Europea, che ha promesso nuova liquidità nel sistema attraverso l’acquisto massiccio sul mercato secondario di titoli di Stato e di altri titoli obbligazionari che porteranno in Italia circa 150 miliardi di liquidità (Quantitative Easing) e dalle dichiarazioni delle banche italiane, che hanno manifestato l’intenzione di incrementare nuovamente i finanziamenti alle imprese.

Le manovre della BCE ed i buoni propositi del sistema creditizio saranno sufficienti a sostenere la tanto attesa ripresa?

Si teme che la liquidità immessa nel sistema a favore delle banche, venga dirottata prevalentemente sulle imprese di medie e grandi dimensioni a discapito delle piccole, percepite come maggiormente rischiose.

In attesa di conoscere gli effetti delle manovre i dati forniti dall’ABI segnalano incrementi nei nuovi finanziamenti alle imprese, che però risultano ancora troppo deboli per essere considerati come veri e propri segnali di sviluppo (+4% nel trimestre novembre 2014-gennaio 2015 sui 12 mesi precedenti).

Tra gli argomenti di maggiore preoccupazione ritroviamo la crescita delle sofferenze bancarie, che ammontano oggi a 131 miliardi di crediti nei confronti delle imprese (valore doppio rispetto al 2011). Nonostante gli anni peggiori siano passati, gli effetti della crisi non sono stati ancora smaltiti dalle piccole e medie imprese italiane, la cui struttura finanziaria risulta ancora molto precaria: il 78% delle sofferenze italiane arrivano dalle PMI, contro il 56% in spagna, il 49% in Francia, il 31% in UK e il 27% in Germania.

Secondo un’analisi condotta da Intrum Justitia (uno dei maggiori player italiani nel settore della gestione dei crediti commerciali) il flusso di sofferenze di qui al 2016 colpirà le banche italiane per ulteriori 76 miliardi di euro.

Negli ultimi sette anni la crisi ha messo a nudo la vulnerabilità del nostro sistema imprenditoriale, che ha registrato una propensione eccessiva verso l’insolvenza.

Di fronte ai primi cali di fatturato le PMI hanno reagito con un eccessivo ricorso all’indebitamento senza prestare troppa attenzione alla propria capacità di produrre flussi di cassa positivi. Se la reazione del mondo imprenditoriale alla crisi poteva e doveva essere affrontata con una maggiore cultura finanziaria, le responsabilità delle banche non sono certo da meno. Nascoste dietro a limiti procedurali, a sistemi di calcolo del rischio totalmente spersonalizzati e non in grado di adattarsi alle caratteristiche delle PMI (94% del sistema impresa in Italia), le banche hanno subito in maniera passiva il deterioramento dei propri clienti aggravandone le posizioni con oneri finanziari crescenti e con improvvise revoche degli affidamenti concessi.

Una vera ripresa non può dunque prescindere da una ristrutturazione del sistema banca-impresa. Le banche dovrebbero seriamente riconsiderare il modo di servire il segmento delle PMI, semplice da gestire sul piano commerciale ma complicato nella definizione di processi del credito maggiormente attendibili.

I piccoli imprenditori devono aumentare notevolmente la loro sensibilità finanziaria, ridurre l’esposizione al debito e gestire il rapporto con le banche in maniera più consapevole, anche ricorrendo alla consulenza di esperti del settore.

 

           Stefano Vannucci

Consulente studio ConCredito

 

 


 

 

 

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